Così come accade per i semi antichi o per i frutti dimenticati, anche le galline ovaiole di razza autoctona devono essere assolutamente salvaguardate in quanto sempre più difficili da trovare (alcune oramai sono già state dichiarate estinte).
Fortunatamente stanno sempre più prendendo piede attività di allevatori, studiosi e appassionati di avicoltura che vanno nella direzione di una riscoperta, recupero e dunque salvaguardia e tutela di queste importanti testimonianze viventi di una biodiversità (specialmente per quanto riguarda le razze autoctone antiche) a grave rischio di totale scomparsa.
Non c’è che da ringraziare profondamente tutte le persone che ogni giorno lavorano con rispetto, passione e amore nel tentativo di mantenere viva quanto più possibile questa ampia biodiversità, sinonimo di ricchezza culturale e sapere scientifico.
Più sotto nell’articolo riportiamo un elenco (sicuramente non esaustivo) di quelle che sono le razze di galline ovaiole autoctone più note in Italia suddivise per regione.
Tra tutte le aree geografiche spicca certamente il Veneto, che grazie soprattutto alle attività della “Stazione Sperimentale di Pollicoltura di Rovigo” (la Stazione sperimentale di Pollicoltura di Rovigo fu istituita con Decreto Luogotenenziale il 28 Giugno 1917, ma le difficoltà inerenti alla guerra ed al periodo post-bellico fecero rimandare l’applicazione del Decreto stesso alla fine del 1920; divenne “Consorzio per lo Sviluppo Avicunicolo e della Selvaggina del Veneto” intorno agli anni Ottanta e fu poi chiusa il 30 Maggio 1998).
Ancora oggi il Veneto porta avanti questa attenzione alla biodiversità con le attività del Dott. Maurizio Arduin con l’Associazione “Centro Studi Regia Stazione Sperimentale di Pollicultura di Rovigo”, il progetto CO.VA, il progetto bionet e numerosi altri.
Prima di esaminare nel dettaglio l’elenco delle razze autoctone suddivise per regione, è doverosa una riflessione sull’importanza della biodiversità anche nel “mondo delle galline”.
L’uomo, oggi, rappresenta al tempo stesso la più grande risorsa e la più grande minaccia alla conservazione della biodiversità delle specie; l’estinzione, in ottica evolutiva, è un processo naturale ma nell’era contemporanea, a causa di attività umane sempre più intensive ed estensive, tutto avviene molto più rapidamente che in passato, e spesso seguendo regole e criteri di conservazione dettate da esigenze di mercato. Fortunatamente, come abbiamo visto, esistono anche piccole realtà, associazioni e singoli allevatori che rappresentano invece una risorsa di inestimabile valore nella lotta quotidiana contro l’obsolescenza.
Guardando allo specifico del “mondo delle galline”, la maggiore perdita di biodiversità delle razze avicole italiane si è avuta nel periodo seguente alla Seconda Guerra Mondiale (intorno agli anni ’60), in cui si le regole economiche-politiche del mercato hanno portato alla realizzazione dei grandi allevamenti avicoli intensivi, introducendo sul territorio nuove razze ad accrescimento veloce e a maggior deposizione che hanno in poco tempo messo da parte le razze autoctone più antiche, non ritenute idonee ai ritmi produttivi richiesti dalla grande distribuzione.
Nel giro di pochi decenni è così andata perduta molta di quella originaria rusticità delle galline presenti nell’aia di tutte le case contadine, e insieme a questa, la resistenza alle malattie tipica delle razze più ruspanti, il sapere tradizionale regionale sui tanti aspetti dell’allevamento e le specifiche caratteristiche in termini di struttura, bellezza e varietà del piumaggio degli animali.
Molte delle razze autoctone più antiche che gli appassionati sono riusciti a salvare è stato grazie all’aver ritrovato (a volte con ricerche di anni!) alcuni esemplari viventi di queste razze “quasi dimenticate” in piccoli pollai rurali distanti dai grandi centri, e quindi poco contaminati dalla diffusione delle razze ibride introdotte dal mercato.
La nostra speranza è che possano essere ri-scoperte, anche in futuro, ulteriori razze avicole autoctone e che a ciò sia affiancata sempre più anche una crescente attenzione a modalità di allevamento tradizionali rispettose di quella ineguagliabile ricchezza che è la biodiversità.
A questa tendenza si ispirano i principi su cui si basa il Regolamento CE 834/2007 dell’allevamento biologico di specie avicole, che prevedono infatti che l’allevamento sia “legato alla terra” e che si ricorra a pratiche zootecniche adatte a soddisfare le necessità fisiologiche e comportamentali degli animali, compreso l’esercizio fisico e l’accesso al pascolo.
Dobbiamo considerare che le attuali e innumerevoli razze di galline ovaiole (e non solo) discendono tutte dall’antico progenitore Gallus Gallus originario dell’India. Dall’India ci fu poi una prima diffusione in Cina (intorno al 1500 a.C.) e da qui una successiva espansione verso l’Europa (secondo due principali direttrici: una da nord e una da sud). Infine, la “colonizzazione” verso le Americhe dall’Europa iniziò intorno al XV secolo.
Focalizzando l’attenzione sull’Italia, alcune razze avicole sono già attestate da fonti documentarie in epoca romana; tra queste, ad esempio, la “Gallina Italiana 5 dita” (pentadattila) descritta da Varrone (Rerum rusticarum, III), Columella (De Re Rustica, VIII) e Plinio (Naturalis historia X) come la razza che accompagnò le legioni romane durante le guerre di espansione dell’Impero (diffondendosi così nelle attuali Francia e Inghilterra). Altre razze risultano ancora più antiche, come ad esempio la Cornuta di Caltanissetta, documentata già in alcune raffigurazioni su vasi del periodo sicano.
Dal 1800 in poi, nel mondo dell’avicoltura, si è lavorato molto a livello genetico e si sono create nuove razze spesso con l’intenzione di realizzarne di idonee a vivere in determinate aree geografiche oppure anche per scopi ornamentali.
Il mondo dell’avicoltura, per superare questa difficoltà di classificazione tra autoctono e non autoctono, si è dato una regola, ovvero una definizione; con D.M. n.19536 del 01.10.2014, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf) ha istituito il “Registro Anagrafico delle razze avicole autoctone” affidandone la gestione all’Associazione Italiana Allevatori.
All’articolo n. 3 c.1 del Disciplinare registro anagrafico RAA (Razze Avicole Autoctone) viene data la seguente definizione di razza autoctona:
“Viene considerata razza autoctona una razza originaria o introdotta in Italia da almeno 50 anni ed integrata nella agricoltura e allevamento tradizionale italiano.”
Riportiamo quindi di seguito l’elenco delle 18 razze riportate nello Standard delle specie dell’Associazione Italiana Allevatori (contrassegnate dalla dicitura: STANDARD AIA), integrato con altre razze elencate tra le razze autoctone italiane anche se non inserite nell’elenco ufficiale.
Elenco delle galline ovaiole autoctone, più o meno antiche, suddivise per regione e comprensive delle razze estinte; elenco che è stato proposto anche alla World’s Poultry Science Association (WPSA):
Piemonte
Lombardia
Trentino Alto-Adige
Veneto
Friuli Venezia-Giulia
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Marche
Progetto sulla razza autoctona Ancona:
Campania
Calabria
Puglia
Sardegna
Sicilia
Di seguito è riportato l’elenco di razze avicole che risultano essere comparse in violazione dei protocolli di tutela e per le quali (ad oggi) non esiste alcuna fonte documentaria che le riconduca a razze autoctone antiche e che, per questa ragione, non posso essere inserite nell’elenco precedente.
Concludiamo questo articolo con un omaggio alle persone che lavorano ogni giorno alla ricerca (in tutta Europa) e alla salvaguardia delle razze antiche, come Emanuele Oggioni, che ci racconta di persona il suo impegno in questo video girato durante la Fiera di San Majolo dedicata proprio alle razze italiane autoctone.
(Per approfondire c’è il sito polliantichi.freeforumzone.com)
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Il pezzo non mi è piaciuto poiché seppure introduce delle tematiche importanti mescola notizie vere ed attendibili a notizie del tutto opinabili. Anzi in alcuni casi vengono citati proprio casi specifici in cui si è sfruttato la biodiversità per operazioni poco limpide. Mi spiace avete sprecato un ottima occasione .
Ciao Alessio, accettiamo la tua critica. Tieni presente che questo non è un sito specialistico e il nostro intento è quello di dare una prima "infarinatura" sulla tematica della biodiversità e delle razze autoctone. Gentilmente ti chiediamo, se vuoi, di approfondirci meglio ciò che intendi quando parli di "operazioni poco limpide", così da arricchire l'informazione anche e soprattutto per i lettori. Infine non crediamo (e non capiamo) come mai "abbiamo sprecato un occasione"... Tutto è una buona occasione per crescere e migliorare. Basta interpretarla nel modo giusto e avere la volontà di partecipare. Noi restiamo disponibili alla discussione e per qualsiasi cosa (o collaborazione) ci trovi qui. Grazie per il tuo competente commento. Un saluto e buona giornata.
Anni fa ho visto un documentario che parlava di una razza di polli che era stata "selezionata"da tenere nelle scuderie per mangiare le larve delle mosche. Era di piccole dimensioni con il ciuffo sulla testa e mi pare in emilia romagna. Sapete che razza è? Grazie
è davvero un peccato che molte razze italiane ormai siano estinte :(