Per parlare dell’antica razza Cornuta di Caltanissetta non potevamo non ricorrere a chiedere informazioni a Giovanni Cirasa al quale dobbiamo rendere un ringraziamento speciale perché fautore della riscoperta di questa straordinaria tipologia di avicoli, conservata grazie ad una tradizione che l’ha protetta per secoli.
Giovanni Cirasa nei confronti della razza Cornuta di Caltanissetta ha questo importante ruolo di “custode di razza” nella triplice veste di:
La Cornuta di Caltanissetta, la Siciliana (detta anche Coronata), la Bruna delle Madonie e La gallina ValPlatani costituiscono le antiche razze siciliane le cui origini si perdono nei millenni. Sono infatti documentate fin dai tempi dei greci e dei romani e sono state nel tempo esportate anche all’estero e riselezionate.
E’ stato grazie ai racconti dei nonni che narravano della presenza di questo animale quasi leggendario in occasione della tradizionale festa della Congregazione di San Michele che si è attivato il desiderio di ritrovarlo, pur consapevoli e preoccupati di una già probabile estinzione della razza (comunque tutt’ora a rischio).
Fortunatamente la ricerca della splendida Cornuta di Caltanissetta non solo si è conclusa positivamente, ma ha anche reso possibile il censimento completo di tante altre razze domestiche siciliane.
Ecco quello che Giovanni Cirasa e compagni raccontano in proposito: “Siamo stati aiutati da numerose persone con la nostra stessa passione. Oggi l’associazione TSR, che si finanzia con donazioni e contributi degli stessi soci, ha oltre 1000 associati in tutta Italia, ma ci sostengono anche dall’Australia e dalla Germania.
Praticamente queste razze sono state lasciate per decenni in completo stato di abbandono e continuano ad esserlo. La fortuna di queste razze è la loro rara bellezza. Gli amatori le hanno tutelate e protette e fatte conoscere all’estero, dove ci invidiano questo patrimonio ricevuto in dono dai nostri nonni.”
Per ulteriori approfondimenti del loro operato è anche da segnalare il forum polliantichi.
In passato la Cornuta di Caltanissetta veniva benedetta proprio in occasione della festa del Santo Patrono (San Michele, patrono di Caltanissetta dal 1625, si festeggia ogni anno con la processione nel giorno dell’8 Maggio); questo rituale della benedizione degli avicoli è poi purtroppo andato perduto ma già oggi c’è la proposta di tornare ad inserirlo (potrebbe essere un modo per salvaguardare ulteriormente la razza oltre che una riscoperta di una parte importante di questa tradizione).
Ecco di seguito la leggenda “che conduce” alla Cornuta di Caltanissetta:
“Come tutti sappiamo, Lucifero fu cacciato dal Paradiso perché voleva farsi simile a Dio.
E il Padreterno mandò l’Arcangelo Michele a combattere lo spirito ribelle: ed ecco i due iniziare, così, un incredibile duello nei cieli, all’insegna del motto del Principe celeste «Quis ut Deus» («Chi come Dio»?)
Il diavolo vola veloce da una nuvola all’altra, tenta di sfuggire all’Arcangelo che ad un certo punto sta per raggiungerlo e afferrarlo: ma Lucifero, con un balzo portentoso, riesce a scansarlo ed eccolo piombarsi in Sicilia, ove tenta di trovare rifugio all’interno del Mongibello, cioè a dire l’Etna. Lì si raggomitola a mo’ di serpente, ma è talmente lungo che il vulcano non può accoglierlo tutto e così la testa gli rimane fuori del cratere. A quel punto San Michele, accortosi di ciò, spicca anch’egli un prodigioso salto e raggiunto il vulcano con un colpo della sua spada fiammeggiante tronca di netto un corno del demonio.
Vuole la leggenda che questo corno, con una lunghissima parabola, finisca addirittura nei pressi di Mazzara e che si trovi ancora lì, al chiuso di una grotta, dove nessuno può entrare a meno che non voglia andare incontro a morte sicura.
Il diavolo allora, fremente di rabbia per aver perduto un corno, lancia un lungo e terribile urlo, tanto da far tremare tutta la terra: e dato che si vede ormai perduto, con un altro prodigioso balzo sbuca fuori dal Mongibello, che prende a vomitare fuoco: e con un impeto di vendetta, si scaglia contro San Michele, riesce ad addentare la penna di un’ala dell’Arcangelo e a staccargliela di netto.
Contento e baldanzoso per quella preda – una penna che, secondo la tradizione, è tutta adorna di preziosissime perle – il diavolo vola via, ma ecco che ad un tratto gli sfugge di bocca per cadere proprio a Caltanissetta.
Ed è una popolazione pervasa da una grande gioia quella che accoglie la celestiale reliquia – il cui arrivo è preceduto da un chiarore soprannaturale – non potendo sperare in un dono migliore dal Cielo. Processioni e preghiere di ringraziamento si susseguono in città, dove si organizzano feste straordinarie e si decide l’erezione di una chiesa a memoria del prodigioso evento, con un grande tabernacolo tutto d’oro ove custodire la penna. Ma questa che fine ha fatto, visto che poi se n’è persa ogni traccia? Così conclude la leggenda: pare che, proprio a causa dei troppi peccati della popolazione nissena, se ne sia volata – sdegnata – nuovamente in cielo per ritornare all’Arcangelo. L’Arcangelo Michele allora affidò ai pastori un compito molto difficile; per riscattare l’onore dei nisseni affidò loro un animale che racchiudeva in se quel corno perduto e quella penna, chiedendogli di conservare l’animale e di cederlo solo a persone affidabili, persone che abbiano dimostrato in vita di essere oneste e corrette. Esiste poi un’altra leggenda che lega le corna a quelle del bue e al fatto che siano nate per il desiderio della gallina di avere le corna come lui.”
E’ proprio questa leggenda che ha originato il detto nisseno “Conservate questa gallina, pena la dannazione eterna” e la tradizione famigliare di custodire il segreto.
Giovanni Cirasa racconta: “Grazie a questa tradizione la Cornuta di Caltanissetta si è potuta conservare in purezza e oggi possiamo ammirare questo spettacolo della natura. Secondo la vecchia tradizione tramandata, questi esemplari Cornuti endemici non devono mai uscire delle campagne del territorio nisseno e dei vicini paesi dell’hinterland nisseno dove si sono creati diversi secoli fa, ma si possono solo affidare gratis alcune coppie, ad alcuni parenti ed amici del luogo ritenuti affidabili, per conservarli ed allevarli per se stessi a scopo amatoriale, è stata da sempre vietata qualsiasi forma di speculazione, come vendere esemplari o uova, altrimenti (secondo la tradizione), porta maledizione e dannazione eterna a chi vende o si prende soldi. Ne esistono nel territorio dell’hinterland un buon numero di circa 400 esemplari, ereditati, affidati ed allevati in purezza da alcuni vecchi allevatori, e questi esemplari non hanno mai avuto problemi di consanguineità.”
Le ricostruzione storica e documentale degli associati dell’Associazione TSR (che proseguono anche con le ultime ricerche dello storico Claudio D’Angelo con cui sono stati rinvenuti i vasi di Marianopoli) arrivano a ricostruirne l’esistenza nell’800 d.c. durante il periodo arabo.
Giovanni Cirasa racconta: “La leggenda di quel corno conservato in una grotta ci ha portati a cercare altre leggende in Sicilia e, una particolarmente interessante che riguarda il demonio, è quella di San Angelo Muxaro, una cittadina interna dell’agrigentino. Siamo arrivati a Sant’Angelo seguendo delle piastrelle in ceramica poste nelle fontane; le fontane formano una direttrice che parte dalla xirbi (una zona del nisseno) e termina appunto nell’agrigentino.
Le piastrelle rappresentano San Francesco, che è stato il monaco per eccellenza che ha combattuto contro il male. Nel piccolo museo del paese abbiamo poi ritrovato un sigillo del periodo arabo raffigurante un animale che è senza dubbio era la nostra gallina cornuta.
Questa è la più antica iconografia da noi ritrovata; le ricerche in vari musei ci hanno portato a Mussomeli e Marianopoli dove sono state ritrovate le più antiche raffigurazioni in molti vasi dipinti di varie epoche. Le iconografie raffigurate rappresentano un gallo in posizione di combattimento con le primarie rivolte verso il dorso; in particolare, presso il museo di Marianopoli, si può vedere lo sperone alle zampe, caratteristica solo di certi avicoli, e anche la presenza non presenza dei bargigli è indicativa, in quanto dipendente dall’età del gallo.”
La Cornuta di Caltanissetta è un’ottima gallina ovaiola resistente alle malattie, che risulta molto addomesticata rispetto ad altre razze autoctone della Sicilia.
La razza Cornuta di Caltanissetta è una razza rustica e come proposta di definizione dello standard viene così descritta: “è una razza campagnola e ha un aspetto molto selvatico e spesso la postura è alta specie se è in allerta. Il gallo e la gallina per la presenza del dimorfismo sessuale sono diversi, il gallo è rosso nero e la gallina è simile alla pernice. La colorazione nelle nomenclature corrisponde alla selvatica, molte hanno la testa di moro, cioè nera. Il peso non supera i 2 kg per la gallina e 2,5 per il gallo. La forma preferita è quella ‘a corna di bue’. L’orecchione è rosso con tollerato il bianco. I tarsi sono verde salice e la pelle è morata e non gialla.”
I vecchi contadini e allevatori Nisseni denominavano ‘Corna di bue’ gli esemplari di questa razza endemica con le corna più lunghe; nel corso dei secoli questa caratteristica linea di corna è stata da sempre la preferita anche perché in alcuni vecchi e robusti esemplari, le corna risultavano davvero spettacolari a vedersi, potendo superare anche i 14 cm di ampiezza (come riferito da alcuni contadini e allevatori).
Per la Cornuta di Caltanissetta ancora non è previsto uno standard FIAV, ma come proposta di standard si riporta di seguito quanto formulato dall’Associazione TRS.
Uovo
Peso minimo g 45 cornuta-clal
Colore del guscio: bianco.
Anello
Gallo : 18
Gallina : 16
II – TIPOLOGIA ED INDIRIZZI PER LA SELEZIONE
Razza che non cova ad alta produzione di uova. Colore della pelle grigio pernice.
III – STANDARD
Aspetto generale e caratteristiche della razza.
1- FORMA
Tronco: moderatamente lungo.
Testa: di media grandezza e lunghezza, abbastanza profonda.
Becco: forte, di media lunghezza. Color corno chiaro con narici cavernose ampie.
Occhi: rotondi e prominenti. Rosso brunastri.
Cresta: rossa e di tessitura fine; a forma di corna di bue ,ben posizionata sulla testa e mai con cornetti all’indietro . Nella parte iniziale sono ammesse escrescenze carnose.
Bargigli: rossi; di media lunghezza; sottili, ben arrotondati senza pieghe. Nella gallina moderatamente piccoli.
Faccia: rossa; liscia, di tessitura fine e morbida.
Orecchioni: rossi; di media grandezza, piatti, lisci ben aderenti alla testa con ammesso una punta di bianco al centro.
Collo: abbastanza lungo, ben arcuato; Mantellina abbondante.
Spalle: larghe.
Dorso: lungo, mai largo e dritto, inclinato verso la groppa, poi risale leggermente con una rapida curva alla coda. Nella gallina lungo e moderatamente largo.
Ali: larghe, ben chiuse e portate serrate al corpo. Remiganti primarie e secondarie larghe e ben soprammesse in ordine naturale quando l’ala è chiusa.
Coda: moderatamente larga, ben aperta; portata con un angolo alto superiore ai 60° con l’orizzontale; timoniere lunghe, falciformi lunghe e ben ricurve; abbondanti copritrici. Nella gallina portata alta con un angolo superiore 60° con l’orizzontale.
Petto: largo, pieno e prominente.
Zampe: di media lunghezza ben divaricate e dritte quando viste di fronte. Tarsi di media lunghezza. Quattro dita di media lunghezza e ben aperte.
Ventre: moderatamente sviluppato.
2 – PESI
GALLO : Kg. 1,6 – 2,0
GALLINA : Kg. 1,1 – 1,8
Difetti gravi:
Orecchioni più di un terzo bianchi.
Cresta di piccole dimensioni, cornetti poco sviluppati.
3 – PIUMAGGIO
Conformazione: aderente al corpo e molto fitto.
IV – COLORAZIONI
(La colorazione è vista come un carattere secondario; sono ammessi le varianti del selvatico)
Selvatica Bruna
GALLO
Mantellina bruno-rosso con fiamme nere più o meno pronunciate e parzialmente nascoste. Dorso, spalle e piccole coprirci delle ali bruno-rosso fino a bruno scuro. Remiganti primarie nere con bordo esterno bruno. Remiganti secondarie a barbe interne nere e barbe esterne brune che formano il triangolo dell’ala. Fasce dell’ala nere a riflessi verdi. Petto, ventre e gambe nere ammessa qualche macchia rosso bruna. Coda nera con riflessi scarabeo.
GALLINA
Piumaggio del mantello bruno selvatico con pepatura nera e rachide nettamente chiaro, senza tracce di orlatura chiara sulle piume ,la pepatura può formare macchie a forma di goccia. Ammessa la testa di moro. Mantellina bruno dorato con fiamme nere. Petto mattone scuro. Gambe e ventre un po’ più chiari del petto, che diviene più grigio verso il piumaggio anale. Leggera differenza fra il colore di fondo e il disegno ammesse. Tarsi verde salice con pianta del piede gialla. Becco color corno chiaro. Iride rosso rosso-bruno.
Cornuta di Caltanissetta allevata in purezza (di Salvo Amico)
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