Idria di Calcide raffigurante il gallo – Immagine estratta dal Vol. 1° – VIII.2.2 del trattato “Summa Gallicana” di Elio Corti (www.summagallicana.it)
Nella storia dell’umanità le galline (e i galli) sono stati allevati per svariati scopi: gare di combattimento tra galli, motivazioni religiose, sportive od ornamentali (piumaggio) nonché lo scopo di consumo di carne, di ricette con le uova, e non ultimo anche come animale da compagnia.
Per poter parlare in modo esaustivo della storia e delle origini del legame tra uomo e gallina è indispensabile far riferimento ai contenuti del trattato in tre volumi “Summa Gallicana” del dottor Elio Corti (consultabile per approfondimenti sul sito www.summagallicana.it); sono di seguito riassunti i contenuti del Vol. 1° – VIII.2.2.
Nel trattato sono descritti dettagliatamente sia i ritrovamenti archeologici sia i contenuti bibliografici, che fin dalla notte dei tempi hanno lasciato traccia di questo antico legame.
Il trattato evidenzia come, tra parecchie incertezze e focose diatribe, il “gallo rosso della giungla Gallus gallus” (denominato Kasiutu in Malesia) sembra poter essere considerato il principale, ma non unico, progenitore del gallo domestico “Gallus gallus domesticus” (o Gallus sinae, Linneo 1758). Infatti, l’ipotesi iniziale enunciata da Darwin per cui il “gallo rosso della giungla” fu ritenuto per decenni l’unico progenitore è stata poi seguita da successivi incroci sistematici di razze (ibridazioni con specie selvatiche) per cui oggi si può affermare che varie specie hanno contribuito alla creazione del Gallus gallus domesticus e che tra queste, il Gallus gallus ha dato il contributo maggiore.
Le recenti scoperte archeologiche, sia in Cina che altrove, possono provare verosimilmente che uno dei principali punti di partenza della diffusione della domesticazione di galli e galline sia la Valle dell’Indo. I ritrovamenti archeologici della “Civiltà della Valle dell’Indo” (Civiltà di Harappa), fiorente intorno al 2500-2100 A. C., attestano già con certezza questo uso e costume.
In particolar modo, nella località archeologica di Mohenjo-Daro è stato trovato un sigillo con la raffigurazione di galli combattenti; sono stati anche rinvenuti numerosi manufatti in creta aventi per soggetto il pollo, nonché una gallina facente corpo con un piatto da portata. Due statuette sono state trovate ad Harappa, raffiguranti un gallo e una gallina.
Le indicazioni fornite dalla Valle dell’Indo inducono a pensare che in origine l’impiego di galli e galline ebbe finalità sportive e non alimentari. Le ossa rinvenute nella Valle dell’Indo sono molto più grandi di quelle dei Galli rossi della giungla e questo è un elemento che può già indicare che fu la selezione la causa dell’incremento della massa corporea.
La “diaspora” dalla Valle dell’Indo all’Occidente si è poi svolta con una certa gradualità.
Intorno al 1500 A.C. gli Ariani invasero l’India e subito introdussero galli e galline nella loro cultura, senza peraltro servirsene come cibo, tanto che intorno al 1000 A.C. assursero a simbolo religioso e ne scaturì il divieto di cibarsene.
Una possibile ipotesi prevede che durante il primo millennio A.C. si sia verificata la diffusione fino in Iran, visto che i Persiani importarono il gallo combattente dopo aver conquistato l’India intorno al 537 A.C.
Tuttavia, in base ai dati desumibili dallo Zoroastrismo, la domesticazione di galli e galline doveva essere nota ai Persiani già da lungo tempo.
Nell’Avésta si narra del dio Olmuzd, che diede di sua mano una coppia di polli all’uomo. Inoltre, Zarathustra prescriveva a ciascun fedele di nutrire un bue, un cane e un gallo. Il gallo era conosciuto come “Messaggero dell’Aurora”, era simbolo di resurrezione, scacciava i demoni dell’ignavia, era il “Guardiano del Bene” contro il male (ecco qui, per approfondire, un articolo dedicato al simbolismo: Gallina, Gallo e Uovo nella simbologia).
Ma lo studioso Peters (1913) si spinge al di là della letteratura imperniata sull’Avésta in quanto pare possibile che il ruolo giocato dal gallo nella religione e nella mitologia persiana sia antecedente allo Zoroastrismo, rendendo verosimile l’ipotesi del suo addomesticamento in Battriana – l’odierno Afganistan settentrionale – e in Media – a sudovest del Caspio – prima che la religione persiana venisse riformata dal Profeta Zarathustra.
I ricercatori West e Zhou addirittura elencano scoperte in Iran che risalgono al 3900-3800 A.C., e altre due scoperte corrispondono ai dati della letteratura.
I Persiani si dedicarono a diffondere i polli verso ovest, in Mesopotamia e in Asia Minore. Anche i Medi hanno avuto un ruolo di primo piano in questa diffusione: infatti i Greci denominavano il pollo “l’Uccello dei Medi”. L’altra designazione greca di “Uccello persiano” indica la sua probabile patria d’origine, situata sulla via della seta percorsa dalle carovane.
Ma, sempre secondo Peters – molto raffinato nelle sue indagini – il gallo era noto ai Greci molto tempo prima dei loro contatti coi Persiani e coi Medi, in quanto è probabile che gli autori greci diedero al pollo il nome di “uccello persiano” a causa della grande importanza religiosa riservata dai Persiani a questo volatile. Infatti costoro, che non possedevano la visione utilitaristica ed economica dei Cinesi, stabilirono che un gallo, dopo aver iniziato la sua carriera di canterino, non poteva più essere mangiato.
Anche se in Grecia esistono reperti ossei anteriori alla Cultura Harappa, i dati della letteratura non sono assolutamente di conforto per attestare una domesticazione di galli e galline a partire dai tempi preistorici.
Nonostante il gallo fosse un uccello familiare e onnipresente, oggetto di sacrificio per un certo numero di divinità, gravato di ideali sacri e di tradizioni, molto popolare per il fatto di intrattenere un vasto pubblico con le sue battaglie, esso non apparteneva allo strato più antico della civiltà greca. Infatti nella mitologia non gli viene attribuito alcun ruolo, non esistono leggende che gli dedichino l’attenzione riservata alla tortora, al cigno, all’aquila e ad altri uccelli.
Senz’altro, lungo la valle del Nilo e nella civiltà egiziana, galli e galline si stanziarono definitivamente sotto l’influenza greca e persiana. Un’evidente e sicura raffigurazione di un gallo risalente al 1840 A.C. è stata rinvenuta in un graffito eseguito su blocchi di pietra di un tempio a Medamoud presso Tebe.
Un altro rinvenimento significativo è il dipinto di un gallo domestico su òstrakon proveniente dalla tomba di Tutankamen, e forse contemporaneo al funerale del Faraone avvenuto nel 1338 A.C., molto somigliante al Gallus gallus; altro reperto consiste in una coppa d’argento del regno di Seti II (1200-1194 A.C.) con incisa la figura di un gallo domestico del tutto simile a quello dell’ostrakon.
Quando verso la fine del 1200 A.C. gli Ebrei guidati da Mosè lasciarono l’Egitto per la Terra Promessa, gli Egizi avevano galli e galline addomesticati, in parte rappresentati da combattenti, mentre i figli d’Israele durante la peregrinazione nel deserto e anche più tardi non li possedevano, come non possedevano api.
Invitando tutti ad ulteriori approfondimenti su www.summagallicana.it, chiudiamo questo approfondito percorso nella storia antica riportando il testo di Glazer estratto da “Mense e Cibi ai tempi della Bibbia” e sempre citato dal Trattato “Summa Gallicana”:
«Inizialmente le galline furono addomesticate per le loro uova. Si trovano conferme a questo in documenti romani e greci del V sec. A.C. I galli invece erano addestrati per la lotta, uno sport popolare a quell’epoca. Solo nel II sec. A.C. i polli divennero un cibo diffuso a Roma e, forse, anche in Palestina. All’epoca di Gesù gli animali da cortile erano ormai diventati una visione familiare.»
Ad attestare questa rilevante presenza e importanza ci sono non solo mosaici e decorazioni di vasi raffiguranti galli, ma anche monete. Nel trattato “De re rustica” (principale fonte di conoscenza dell’agricoltura romana) di Lucio Giunio Moderato Columella (I secolo D.C.) l’allevamento dei polli è descritto dettagliatamente. Columella mette in rilievo la complessità di questa attività analizzando le tecniche di allevamento, le criticità degli allevatori, i problemi di commercializzazione e i costi di produzione.
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