Oggi vi porteremo a conoscere Nancy Luce, soprannominata anche la “signora delle galline” e addirittura da qualcuno la “Madonna delle galline”.
Praticamente sconosciuta qui in Italia, in America è talmente famosa che ad Hollywood (dove moltissime star hollywoodiane amano le galline) stanno pensando di realizzare un film a lei dedicato.
Nancy Luce non è stata altro quello che tantissimi di noi siamo oggi: una persona veramente innamorata dei propri animali e soprattutto delle proprie galline. Ma un conto è esserlo nel 2017, e un conto è esserlo stata a metà del 1800 in America del Nord, oltretutto donna in un mondo assolutamente maschilista, in cui gli animali erano totalmente estranei a qualsiasi tipo di rapporto affettivo che andasse oltre la mera utilità.
Ma Nancy, come vedremo, ha lottato e sfidato l’intera comunità per riuscire a vivere secondo ciò che provava dentro, e a distanza di anni, grazie anche al progredire di usi, costumi e sensibilità verso gli animali, la storia le ha assegnato il posto che merita: la prima, vera, “signora delle galline”.
Nancy Luce nasce nel 1811, da genitori contadini (Philip e Anna ) che vivono grazie al lavoro della terra e all’allevamento di alcuni animali, in un piccolo ranch situato nell’isola di Martha’s Vineyard (Massachusetts, USA), vicino alla costa meridionale di Cape Cod.
E’ un mondo duro quello in cui viene alla luce Nancy, in cui tutte le famiglie auspicano la nascita di figli maschi che, crescendo, possano sostituire il padre nei lavori duri di ogni giorno e magari anche incrementare la proprietà. Ma invece i coniugi Luce ebbero soltanto Nancy, ed inoltre di corporatura abbastanza esile. Questo suo stato di “unica figlia femmina” peserà non poco sulla formazione emotiva di Nancy e sul rapporto con i suoi genitori.
Comunque la piccola Nancy si diede da fare fin da piccina, soprattutto realizzando calzini e guanti di lana fatti a mano e altri piccoli oggetti di uso comune da andare a vendere, assieme alle uova, nella vicina cittadina. Andava e tornava a cavallo da sola (ben 9 miglia era la distanza tra il ranch e il villaggio) e adorava tantissimo galoppare a tutta velocità nei prati. In città, oltre a vendere, si recava spesso all’ingrosso, che per lei era come una vera e propria “stanza delle meraviglie”, e nei giorni in cui le vendite andavano meglio, riusciva ad acquistare prodotti esotici che la incuriosivano moltissimo, come caffè, spezie e riso.
Questi furono i giorni felici e spensierati dell’infanzia di Nancy.
A circa 20 anni però, Nancy comincia a manifestare dei disturbi emotivi e nervosi, che a quel tempo furono “bollati” come “malattia mentale”, ma che invece, analizzandoli oggi, potrebbero con molta probabilità essere ricondotti a depressione o a quella che viene denominata come malattia di Lyme.
Nel 1840, quindi solo 5/6 anni dopo circa che Nancy ha cominciato a presentare i suoi disturbi nervosi, entrambi i genitori muoiono a causa di un’epidemia e così Nancy si ritrova sola e fragile a dover portare avanti la fattoria. Ha 26 anni e l’impegno sembra davvero una cosa impossibile, anche perché non c’è nessun uomo disposto a sposarla che possa così darle un aiuto a riprendere in mano i lavori.
Inoltre, venuti a mancare i genitori, alcuni confinanti di proprietà cominciarono a fare pressioni sull’amministrazione locale affinché venga confiscato a Nancy ogni bene, in quanto incapace di intendere e volere, e lei internata in una casa di cura per malati di mente.
Cominciarono anche alcuni atti di vandalismo alla sua casa e molti cittadini dell’isola iniziarono a scansarla e a parlar male di lei.
In tutto ciò però, fortunatamente, da un lato si pose al suo fianco il medico di famiglia, che l’aveva sempre seguita e curata, e che non si piegò a redigere un certificato che ne attestasse la malattia mentale, e dall’altro Nancy stessa si scoprì più forte e tenace di quanto pensasse.
Cominciò a dedicarsi, per quanto le sue forze glielo permettessero (nei giorni peggiori stava nel letto tutto il dì bevendo solo un po’ di latte) anche ai lavori della fattoria, almeno quelli fondamentali per assicurarsi la sopravvivenza, e continuò a produrre abiti da vendere insieme alle uova, questa volta in larga parte destinati ai turisti, che dalla metà del 1800 cominciavano ad arrivare sull’isola con sempre maggior frequenza.
Nancy amava tutti gli animali della sua fattoria (la mucca Sushanna che aveva la stalla dentro un casolare abbandonato e l’adorabile capretta) ma in particolar modo aveva da sempre avuto una particolare attrattiva per le sue galline e, rimasta sola, questo suo amore trovò il modo di uscire in tutta la sua forza e libertà, forse prima soffocato dalla condotta di vita familiare imposta dalla mentalità dei genitori.
Nancy, per cominciare, diede alle sue galline preferite un nome (nomi piuttosto stravaganti, come Ada Queetie, Beauty Linna e Poor Tweedle Dedel; in tutto erano più di 40) e cominciò anche a scrivere di loro (cosa rara per le donne di quel tempo), tenendo un diario in bella calligrafia in cui riportava in brevi poesie quello che provava per queste piumose compagne dalla sua vita quotidiana.
Già di primo mattino era solita andarle a trovare, liberarle, coccolarle e parlare con loro. Se fuori era troppo freddo le faceva stare al caldo in una stanzetta della casa. Quando aveva un poco di soldi da parte li spendeva subito chiamando un fotografo e facendosi immortalare insieme alla sue galline. Oppure comprava dei colori e dipingeva ritraendo i suoi animali, cosa questa – come lei stessa scriveva – che la faceva spesso stare meglio in salute di molte medicine (purtroppo questi disegni sono andati perduti).
I momenti più difficili per Nancy erano quelli in cui una delle sue galline moriva. Erano giorni di disperazione, che trovavano sfogo anche sulle pagine del suo quaderno:
“Oh quanto amavo vedere la mia povera Beauty Linna vivere e bene,
Non riesco ad esprimere la compagnia che era per me ogni giorno.”
O ancora:
“La povera Ada Queetie ha lasciato questa vita. Non sarà mai più qui, non la potrò più amare, non ci potrò più parlare, non potrà più essere mia amica. Oh, come desidererei vederla ancora con me qui, viva e che sta bene, ma il suo cuore e il mio sono uniti, l’amore e le sensazioni profonde l’una per l’altra, … mi ha lasciato il cuore spezzato…”
Ma c’erano comunque anche tantissimi momenti felici e in uno dei suoi aneddoti scritti, Nancy ricorda ad esempio la sua gallina Hildy, la più “viziata” di tutte: “Devo dare a Hildy la torta dalla mia mano perché dal pavimento non la prende. Gli amanti delle galline capiranno queste richieste accattivanti e amorose di una gallina un po’ troppo viziata.”
O ancora racconta di quando le andavano a bussare alla porta perché l’acqua nella ciotola era finita o di quando le stavano di fianco mentre faceva l’orto perché sapevano che, di tanto in tanto, qualcosa da mettere nel becco spuntava sempre fuori.
Tutti comportamenti che oggi, noi, conosciamo bene e a cui anche noi siamo affezionati, ma che per quel tempo, erano cose davvero incredibili.
In realtà dovranno passare molti anni affinché si comprenda, come Nancy aveva già fatto, che ogni gallina ha il suo carattere, il suo modo di porsi e di interagire con le persone che ha intorno; che è un animale molto intelligente e che ha una sua propria personalità.
Essendo comunque anche una donna sola che aveva bisogno di soldi, decise di provare a vendere questa sua raccolta di poesie (intitolata “Poor Little Hearts”, tradotto in “Poveri Piccoli Cuori”) e ci riuscì, trovando un editore a New Bedford, grazie al quale il suo nome fu indicato anche all’interno degli opuscoli turistici riguardanti l’isola di Martha’s Vineyard e così, innumerevoli villeggianti, cominciarono a recarsi alla sua casa per vederla e conoscerla e Nancy poteva così vendere loro i suoi prodotti artigianali e le uova.
Terminata la Guerra Civile nel 1865, l’isola crebbe sempre più in reputazione come meta turistica (una delle prime di tutta l’America) e il tour organizzato della giornata oramai prevedeva come tappa fissa una sosta al ranch di Nancy Luce. Nessun visitatore voleva lasciare Martha’s Vineyard senza aver conosciuto Nancy Luce che nel frattempo, grazie alla notorietà e alla sua vera passione per questi avicoli, cominciò anche ad essere interpellata come medico, e molti si recavano da lei per far curare le proprie galline, e spesso Nancy ci riusciva.
Anche su questo tema della “cura” Nancy scrisse diverse pagine, in cui annotò anche come doveva essere tenuta e trattata una gallina affinché producesse più uova (vita all’aperto, tipologia di alimentazione, coccole, igiene del pollaio, ecc.). Addirittura già consigliava di triturare nel loro cibo dei gusci di conchiglia o ossi di seppia per incrementare l’apporto di calcio (i mangimi industriali arriveranno sul mercato solo nel 1910) e non dimenticava mai di dire quanto facesse bene ai polli la luce del sole.
Gli allevatori che seguivano i consigli di Nancy ottenevano galline che già all’età di 4 mesi deponevano uova regolarmente e in numero doppio rispetto a chi invece allevava ancora in maniera tradizionale.
Nancy fu veramente un’antesignana di come noi oggi vediamo e curiamo con amore le nostre galline felici.
Una piccola/grande donna che, contro tutto e tutti, in estrema povertà (morì all’età di 75 anni, mercoledì 9 aprile 1890, senza un soldo), è comunque riuscita a vivere la sua vita fuori dagli schemi del tempo, secondo ciò che sentiva dentro. L’artista Dan Waters ha creato questa illustrazione toccante in memoria di Nancy Luce alcuni anni fa:
Per tutto questo in America, oggi Nancy Luce è soprannominata la “Signora delle galline”, o addirittura “la Madonna delle Galline”, e la sua tomba è ancora meta, ogni anno, di moltissimi visitatori, e la sua vita raccontata nel museo della città.
Si Ringrazia per gli spunti e le foto:
– il blog MyPetChicken
– la rivista online VineyardGazette
– il sito edibleVineyard.com
– il sito susanbranch.com
Il link alle rispettive pagine dell’illustratore Dan Waters sono già linkate nella didascalia delle immagini.
Qui sotto la tomba di Nancy dove tantissimi amanti delle galline vengono a lasciare dei piccoli regali:
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