“Le galline pensierose” di Luigi Malerba rientra nella produzione di libri per bambini e per ragazzi che hanno accompagnato e intervallato la sua intera produzione narrativa. Essi si rivolgono al bambino, stimolandolo a riflettere, a maturare una capacità critica autonoma e a diffidare dalle facili certezze.
Pubblicato la prima volta nel 1980 da Einaudi, con le illustrazioni di Adriano Zannino, ripubblicato e arricchito di altre storie nel 1980 da Mondadori, con l’ultima edizione, pubblicata lo scorso aprile da Quodlibet, nella collana Compagnia Extra diretta da Jean Talon e Ermanno Cavazzoni, dalle 131 storielle iniziali si arriva a 155, con l’aggiunta di nove inediti scritti da Malerba nel febbraio 2008, dunque pochi mesi prima di morire.
Le galline pensierose è un delizioso “manualetto di paralogica” fatto di favole molto brevi (alcune righe) che sono quasi aforismi.
In questo testo Malerba decide di riabilitare le galline dando la dignità di pensatori ad animali che hanno il significato proverbiale e preconcetto di “non intelligenza”; l’autore sceglie dunque un animale come protagonista dei propri racconti, inserendosi quindi nella tradizione della favola di Esopo, Fedro, La Fontaine e Gianni Rodari.
Italo Calvino di “Le galline pensierose” ha scritto: «Per Malerba osservare le galline vuol dire esplorare l’animo umano nei suoi inesauribili aspetti gallinacei».
Tutti i racconti sono ambientati in un pollaio (unico spazio definito) e le protagoniste sono tutte ed esclusivamente galline (non si trova traccia dell’essere umano).
In uno dei racconti della Scoperta dell’alfabeto, libro d’esordio di Malerba, si legge questo dialogo:
“«Le galline non pensano» disse Zerbino annoiato.
«E chi ti dice che non pensano? Ci sei mai entrato nella testa di una gallina? Non si può sapere.»”.
La scelta della gallina come protagonista è un modo per denunciare, attraverso il paradossale ironico, il ridicolo e l’insensatezza della vita quotidiana del mondo umano.
Tra le galline pensatrici ecco il ragionamento della gallina filosofa:
“«Per diventare filosofa» diceva una vecchia gallina che credeva di essere molto saggia, «non importa pensare a qualcosa, basta pensare anche a niente». Lei si metteva in un angolo del pollaio e pensava a niente. Così, e non in altri modi, diceva di essere diventata una gallina filosofa.”
Malerba utilizza situazioni assurde, paralogismi, ragionamenti paradossali dei protagonisti e il non-sense, come strumenti utili per abituare il lettore a diffidare della logica corrente del quotidiano. Una sorta di strumento da esercitare per saper distinguere verità e menzogna laddove nella comunicazione il confine è sempre più indefinito e labile. Uno strumento per esercitare la fantasia e la libertà di pensiero che vengono spesso solleticate da un’iniziale indignazione di fronte all’illogico.
Malerba sostiene che: “Quel che funziona sempre, con i ragazzi, è metterli in difficoltà, in imbarazzo. Con vari sistemi, per esempio con il paradosso; io dicevo loro: se una macchina con quattro ruote va a cento chilometri all’ora, con otto andrà a 200. Allora i ragazzi cominciano a confondersi, a pensare, a irritarsi, anche, e ciò li obbliga ad avere delle reazioni, a non accettare queste proposizioni, questi paralogismi ciecamente, ma a discuterli.”
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