La gallina compare in uno dei più rinomati testi delle 358 Favole di Esopo (iniziatore della favola come forma letteraria scritta) dal titolo, “La gallina dalle uova d’oro” (F 287).
Le “Favole” di Esopo hanno determinato la definizione dell’espressione letteraria della “favola” (favola esopica); ovvero un componimento breve in cui i personaggi sono animali personificati, con lo scopo esplicito, didascalico ed educativo, di comunicare una morale.
Gli animali delle favole vivono situazioni elementari che esemplificano tutte le caratteristiche della vita reale (exempla); ci sono le emozioni dell’inganno, della verità, dell’apparenza, della stoltezza e dell’astuzia, e su tutte Esopo fornisce una morale finale.
“La gallina dalle uova d’oro” può essere annoverata tra quelle di maggior valore sociale oltre che individuale, in quanto costituisce un monito contro l’avidità (sull’avidità si sono interrogati psicologi, scrittori e religiosi, dandone più spesso interpretazioni negative, perché è considerata la fonte dell’avarizia, della frode, della corruzione, della violenza e perfino la vera e ultima causa scatenante delle guerre).
Ecco dunque la fiaba:
“Un contadino possedeva una meravigliosa gallina che, ogni mattina, invece del solito uovo, deponeva nel pollaio nientemeno che un uovo d’oro. Non accontentandosi di quest’uovo quotidiano, il contadino immaginò che la gallina avesse una massa d’oro nelle viscere ma, quando la uccise, trovò che dentro era fatta come tutte le altre galline. Così, per la speranza di trovar la ricchezza tutta in una volta, restò privo anche del suo modesto provento. Sia pago ognuno di ciò che ha e fugga lontano dall’insaziabile cupidigia.”
La favola ha quindi la sua morale: insegna che bisogna godere dei beni che abbiamo e fuggire l’insaziabilità e la cupidigia; una sorta di ammonimento che potrebbe anche suonare come un “Chi troppo vuole nulla stringe!”.
“La gallina dalle uova d’oro” così come molte altre favole che si sono tramandate nel tempo (e molto probabilmente al nucleo iniziale ne sono state aggiunte di nuove nel corso dei secoli fino all’edizione curata da Émile Chambry), sono divenute così famose da essere entrate nel linguaggio comune sotto forma di proverbi e modi di dire (fin dall’epoca medievale); tra queste ricordiamo ad esempio “La cicala e la formica“, “Al lupo! Al lupo!” e “La volpe e l’uva“.
Oggi con la dicitura “gallina dalle uova d’oro” si intende riferirsi ad una persona, attività o situazione estremamente redditizia (sia con accezione positiva sia con l’accezione negativa riferita allo sfruttamento della stessa).
Nelle “Favole” di Esopo la gallina compare anche nella favola (F 288) dal titolo “Una gallina e una rondine”.
Ecco il testo anche di questa fiaba:
“Avendo una gallina trovato delle uova di serpente, le covò con cura e dopo averle covate le fece schiudere. Allora una rondine dopo averla vista disse: – Sciocca, perché allevi questi esseri che, se cresceranno, inizieranno a nuocere a te per prima? A tal punto i malvagi sono irrecuperabili che rimangono tali anche se sono oggetto di grandissimi benefici.”
Anche questa favola ha la sua morale: insegna che la malvagità è irrecuperabile anche se destinataria di benevolenza.
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