La simbologia non è certamente l’unica chiave per comprendere e interpretare il mondo fisico e spirituale, contrariamente invece a quanto ritenuto da molti pensatori e filosofi della storia, che hanno cercato di affidarsi totalmente ad essa per le loro teorie gnoseologiche dell’universo (ad esempio Giordano Bruno con il suo ermetismo rinascimentale); ma neppure, all’opposto, riteniamo che sia qualcosa di totalmente irrazionale, a cui l’uomo contemporaneo non debba assolutamente guardare; per quanto ci riguarda ci piace interpretare il bisogno di simboli come la necessità di riuscire ad afferrare ciò che altrimenti non sarebbe rappresentabile, e nel simbolo in sé, lo spunto per poter sviluppare una riflessione costruttiva.
La storia della cultura umana è pervasa da simboli, e conoscerli può essere utile per saper dare una lettura di tutte quelle situazioni in cui un «significante» allude a qualcosa che va al di là della sua pura forma esteriore (il mondo della comunicazione mediatica, in tal senso, è stracolmo di simboli e di «significanti»).
Conoscere la forza comunicativa dei simboli è inoltre indispensabile per evitare fraintendimenti (ed eventuali conseguenze negative) derivanti da loro utilizzi impropri e decontestualizzati; pensando al mondo del marketing pubblicitario, Gerhard Wehr (1972) definì i pubblicitari come i “persuasori occulti” che sanno dominare il potere delle immagini e individuò nei simboli strumenti di “guida dall’esterno” in grado di manipolare il pensiero e fabbricare ideali.
Conoscere il patrimonio dei simboli raccolto dalla paleontologia, dall’archeologia, dell’etnografia, dall’araldica, dall’etnologia, dalla scienza delle religioni e dalla mitologia può inoltre contribuire ad ampliare le conoscenze sulle analogie e differenze che esistono tra le differenti strutture di pensiero e di interpretazione/costruzione della realtà utilizzate dalle diverse culture, anche tra loro oggi contemporanee.
La nostra attenzione va a concentrarsi dunque sulle manifestazioni del pensiero simbolico che nel corso della storia dell’umanità si sono generate e poi tramandate rispetto alla gallina, al gallo e all’uovo.
In questo percorso scopriremo come gallina, gallo e uovo siano «significanti» che attingono dal profondo sia della vita psichica ed emozionale di ciascuno di noi, sia filogeneticamente, dall’antichità della civiltà umana, e per questo loro duplice aspetto, sono simboli forti e molto evocativi, che si sono affermati e tramandati nel tempo.
Speriamo quindi che la raccolta di immagini, miti e riflessioni filosofiche riportata nel seguito di questo articolo, possa essere appunto di stimolo a riflessioni costruttive! 🙂
Dal punto di vista simbolico la gallina rappresenta “l’archetipo naturale della madre”. Questo significato è già riscontrabile nei Vangeli dove la chioccia è il modello esemplare dell’amore protettivo verso i deboli, proprio nel senso di quanto afferma Gesù: «Gerusalemme, Gerusalemme […], quante volte ho voluto radunare i tuoi figli come la gallina raccoglie i pulcini sotto le sue ali […]».
Nel 1675 W.H.Frh. Von Hohberg scrive: «Così come la chioccia si preoccupa di proteggere i pulcini e non permette che si avvicini loro nulla che possa ferirli, così colui che può sedere tranquillo sotto la protezione dell’Altissimo non è toccato da tentazioni, tormenti e calamità».
Nella raffigurazione allegorica delle “Sette arti liberali” la paziente cova della gallina rappresenta la grammatica, a cui è affine per la grande pazienza richiesta.
Nei riti africani dedicati all’iniziazione femminile, la gallina ha funzione di psicopompo (dal gr. ψυχοπομπός, comp. di ψυχή «anima» e πομπός «conduttore»; nella religione greca, epiteto di divinità, soprattutto di Ermete, designante la sua funzione di guida delle anime dei trapassati; in tal senso Virgilio è lo psicopompo di Dante nella “Divina Commedia”) e nell’antica medicina popolare, il sangue di gallina aveva la virtù di frenare gli eccessi del desiderio sessuale.
Nella cultura mittle-europea predomina invece la concezione della «gallina stupida» confermata anche dal simbolismo onirico per ciò che riguarda l’interpretazione dei sogni e la psicologia del profondo. In questa accezione infatti, le galline «esprimono una collettività estroversa e povera di spirito. Spesso esse cadono preda di un panico sciocco e infantile, così come i pensieri dei folli si accavallano furiosamente […]. Perciò, una cosa che il sognatore prende troppo sul serio nella vita quotidiana, nel sogno si presenta in tutta la sua piccolezza tumultuosa» (E. Aeppli, 1943).
La «cieca, stolta e misera» gallina del linguaggio popolare, nelle fiabe può però fare «uova d’oro», e sarebbe sciocco volerla macellare. La rappresentazione della gallina sulle uova che troviamo in molte leggende simboleggia i tesori (anche delle ricchezze del sottosuolo) difesi da forze sovrannaturali.
In passato la cultura europea considerò il gallo da una parte un animale solare, che con il suo canto annuncia l’alba e scaccia i demoni notturni, dall’altra (soprattutto il gallo nero) un animale magico e rituale, vittima sacrificale per le potenze infernali.
(Ricordiamo qui anche l’interessantissimo articolo di Rosa Ronzitti, Maledire il gallo, che pone l’animale in un’ottica diversa e poco indagata, ovvero quella del “disturbatore dell’idillio degli amanti” e del “richiamo a lavoro”, e dunque, per questo, odiato.)
Ma la simbologia positiva prevalse e sui cammei degli amuleti, su scudi e lapidi sepolcrali, vennero rappresentati galli che con il loro canto scacciavano persino leoni e basilischi.
Si vociferava che la cresta del gallo proteggesse dagli incubi, che l’ingestione dei testicoli del gallo avesse un effetto afrodisiaco e che facesse partorire alla donna figli maschi; si narrava inoltre che il gallo dissipasse le tenebre e che, posto vicino ad una partoriente ne facilitasse il parto.
Inoltre, sia per la sua cresta di colore rosso fuoco che per le sue piume cangianti, in molte culture divenne simbolo del sole e del fuoco (il gallo rosso è la fiamma); già nell’arte romanica il gallo veniva posto sui campanili come annunciatore della luce e della preghiera del mattino.
La sua aggressività nel combattere per il territorio e una permanente disponibilità all’accoppiamento ne fanno un animale che simboleggia la virilità, ma, nell’interpretazione cristiana, il gallo è anche il simbolo del Cristo che porta l’alba del nuovo giorno della fede.
San Gregorio fa del gallo l’esempio del buon predicatore, dato che batte i fianchi (segno di penitenza) con le ali, prima di innalzare il suo canto. Il triplice canto del gallo durante il «rinnegamento di Pietro», una scena rappresentata di frequente sui sarcofagi paleocristiani, indica il monito alla superbia.
La natura vigile del gallo lo rese anche attributo degli Dei (Atena, Demetra). La sua disponibilità al combattimento lo pone accanto al Dio della guerra Ares (Marte) e al vincitore della malattia Asclepio; come annunciatore del sole esso appartiene ad Apollo.
Nella tarda antichità il “demone dell’anno”, Abraxas, è rappresentato sugli amuleti come una creatura dalla testa di gallo e “zampe” di serpente.
Altra figura mitologica che prende vita nei bestiari e nelle leggende greche ed europee è quella del basilisco, capace di uccidere o pietrificare solamente con lo sguardo.
Nella mitologia nordico-germanica il gallo «cresta d’oro» sorveglia il ponte dell’arcobaleno che conduce alla dimora degli Dei. Nell’Asia orientale si trova un’interpretazione simbolica simile.
In Cina il gallo, decimo segno dello zodiaco, non viene mangiato (il 2017, appunto, è proprio l’Anno del gallo). Il gallo rosso protegge dal fuoco e il gallo bianco protegge dai demoni. Del gallo non si loda soltanto il coraggio, ma anche il buon carattere, dato che invita le galline al cibo ed è assai affidabile nel provocare il risveglio alla giusta ora (in Giappone il suo canto fa uscire la Dea del Sole dall’oscurità).
La saga indiana fa posare il Re dei galli su un albero nel leggendario paese di Jambudvipa, e il suo canto incita tutti i galli del mondo a cantare a loro volta. Dal punto di vista della simbologia fonetica cinese il gallo (cung-ci) che canta (ming) significa anche cung-ming, cioè “meriti e gloria”. Ai funzionari veniva regalato un gallo con un alta cresta (cuan, significa infatti anche “funzionario”). Il gallo insieme al pulcino simboleggia la premura paterna verso i figli (nell’accezione ristretta di figli maschi).
Nonostante il divieto ufficiale imposto dalle autorità per la crudeltà, il combattimento tra galli è un divertimento popolare ancora abbastanza diffuso e amato in Cina, soprattutto nella zona meridionale; oltre alla violenza fisica subita dai galli (che spesso conduce alla morte), tali combattimenti degradano l’innata e naturale aggressività dell’animale a oggetto di competizione ludica, nonostante l’importanza che il mito attribuisce a questo animale, secondo cui il Sole sarebbe abitato da un gallo ardente.
Come personificazione della lussuria (i giovani vengoni incalzati «dai demoni dei galli») e della litigiosità, il simbolo del gallo (come quello del caprone) acquisì nel medioevo anche una valenza negativa.
Il gallo divenne poi, contemporaneamente, l’animale araldico della Gallia e di San Gallo; anche San Vito venne rappresentato assieme ad un gallo (seduto su un libro), e sempre un gallo, per la sua natura vigile, ornava preziosi orologi. San Pietro, rappresentato assieme al gallo ammonitore, divenne il patrono degli orologiai.
Nel 1675 W.H.Frh. Von Hohberg scrive questi versi: «Non appena il vispo gallo canta l’ora / tutti gli altri iniziano a cantare uno dopo l’altro E così quando tu sentirai risuonare la gloria di Dio / fa attenzione che la tua lingua non ammutolisca e rimanga senza parole».
L’immagine simbolica dell’Uovo è solitamente contraddistinta dalle seguenti caratteristiche: è per lo più bianco, fragile, da esso nasce una nuova vita e la sua forma ricorda quella dei testicoli.
La genesi del mondo da un uovo primordiale non è nota soltanto nel mondo orfico della creazione (dove la Notte, alata e nera, corteggiata dal Vento, diede alla luce un uovo, da cui uscirono Eros e Fanete e quindi Crono), ma compare anche nei miti dell’origine polinesiani, giapponesi, peruviani, indiani, fenici, cinesi, finnici e slavi.
Secondo la mitologia egizia, il dio Ra, divinità suprema del Sole, nasce da un uovo cosmico, formato dall’unione di otto divinità rappresentanti le forze del caos.
Plutarco ricorda una conversazione tra amici che, tra le altre cose, si domandano se sia nato prima l’uovo o la gallina; la disputa la decide Fermo, che ricorda come nella religione l’uovo sia il simbolo del principio originario materiale delle cose, la “archè ghenéseos”:
“Canterò a coloro che l’intendono (Orph., fr. 334K) la sacra parola orfica, che non solo rivela l’uovo nato prima dell’uccello, ma anche comprende e stabilisce la sua priorità complessivamente su tutte le cose. Del resto devo tacere, perché è troppo mistico. …
Perciò è consacrato insieme ai sacri misteri di Dioniso non sconvenientemente in quanto rappresentazione di ciò che genera tutte le cose e in sé le comprende.” – Plutarco, Quaestiones Symposiacae, 2,3, in Johann Jakob Bachofen, Il simbolismo funerario degli antichi, Napoli 1989.
Aristofane, nella sua commedia “Uccelli”, rappresentata nelle “Grandi Dionisie” (celebrazioni liturgiche dedicate a Dioniso), fa dichiarare a uno dei protagonisti, cioè un uccello, il primato dell’uovo: “Nel seno smisurato d’Erebo, all’inizio di tutto, Notte la nero alata, genera un uovo d’aria. Si volsero le stagioni e da esso sbocciò Eros, il bramato: gli scintillavano le spalle di auree ali e somigliava a vortice di vento. Egli, notturno, abbracciato al Caos alato nel Tartaro ampio, covò la nostra stirpe e la condusse, prima, alla luce.” – Aristofane, Uccelli.
Secondo Omero, l’uovo primigenio non è d’aria, ma d’argento: “La Notte dalle ali nere, una dea che s’impone persino al rispetto di Zeus, fu amata dal Vento e depose un uovo d’argento nel grembo dell’oscurità. Eros, chiamato anche Fanete [“rivelatore” da pheomai, “manifestarsi”] nacque da quell’uovo e mise in moto l’universo. Eros fu un ermafrodito dalle ali d’oro, e poiché aveva quattro teste di volta in volta ruggiva come un leone, muggiva come un toro, sibilava come un serpente o belava come un ariete [Fanete, ali d’oro, è il sole; le sue teste corrispondono alle stagioni]. Fanete creò la terra, il cielo, il sole e la luna; ma la triplice dea imperò sull’Universo, finché il suo scettro passò nelle mani di Urano.” – Omero, Iliade, XVI, 261
Nei testi indù, l’uovo precede anche ogni turbinio di Dei: “All’inizio non v’era che il Non–Essere. Esso fu l’Essere. Crebbe e si cambiò in uovo. Riposò tutto un anno e poi si divise. Apparvero due frammenti di conchiglia: uno d’argento, l’altro d’oro. Da quello d’argento venne la terra, da quello d’oro, il cielo.” – Chandogya Upanishad, 3, 19
Nel mito pelasgico della creazione, però, è Eurinome, Dea di tutte le cose, a covare l’uovo universale in forma di colomba divina che, nel mondo sumero, è Iahu, e girovagando approderà sino al battesimo di Cristo: “All’inizio Eurinome, dea di tutte le cose, emerse nuda dal caos e non trovò nulla di solido per posarvi i piedi: divise allora il mare dal cielo e intrecciò sola una danza sulle onde… ed ecco apparire il gran serpente Ofione… finché, acceso di desiderio avvolse nelle sue spire le membra della dea, e a lei si accoppiò ed Eurinome rimase incinta.
Subito essa, volando sul mare, prese la forma di una colomba e, a tempo debito, depose l’Uovo Universale. Per ordine della dea, Ofione si arrotolò sette volte intorno all’uovo finché questo si schiuse e ne uscirono tutte le cose esistenti, figlie di Eurinome: il sole, la luna, i pianeti, le stelle, la terra con i suoi monti, fiumi, alberi, erbe e le creature viventi.” – Robert Graves, I miti greci, Firenze 1989, Longanesi, pp. 21–23.
Di molti eroi si narra che non siano stati partoriti, ma siano usciti da un uovo: per esempio un antichissimo re della Corea del Sud o i Dioscuri Castore e Polluce o ancora, le famose uova di Leda, che Giove aveva resa gravida sotto forma di cigno.
La forza germinale contenuta nell’uovo venne associata all’energia vitale e per questo l’uovo ricopre anche un ruolo importante nella magia curativa e nei culti della fertilità; come offerta tombale, esso trovò applicazione pratica quale viatico per l’aldilà.
Anche il Sole e la Luna vennero più volte associati a uova celesti d’oro e d’argento. Generalmente l’uovo è considerato il simbolo di un seme primordiale da cui successivamente sarebbe nato il mondo. Come simbolo della totalità racchiusa in un guscio, esso indica la creazione già prefigurata fin dall’inizio. In ambito cristiano si trova il paragone tra il Cristo, che risorge dalla tomba, e il pulcino, che esce dal guscio; il colore bianco del guscio simboleggia purezza e perfezione; da questo simbolismo ha poi preso origine la tradizione dell’Uovo di Pasqua.
Nell’iconografia alchemica l’uovo filosofale, che successivamente si trasforma in pietra filosofale, rappresenta la materia primordiale che in germe porta in sé ogni attitudine alla maturazione; il tuorlo simboleggia la speranza dell’oro. L’uovo filosofale, contenente il pulcino (pietra filosofale) veniva aperto con il fuoco (simbolicamente rappresentato da una spada) che era il calore della cova e quindi un calore dosato con estrema cura, ed infatti, come accennato, era proprio il dosaggio del calore uno dei problemi più grandi degli alchimisti.
Sempre nei “processi alchemici” la cura dell’uovo è sempre presente ed in tal senso non deve turbare il fatto che nella precedente figura compaia una spada. L’operazione di apertura dell’uovo è sempre qualcosa di delicato, come mostrano le immagini che seguono, le quali fanno esplicito riferimento alla delicatezza necessaria con l’uovo filosofale.
(In un certo senso, molto profano e tecnologico, le incubatrici per uova possono essere paragonate a “macchine alchemiche” del mondo contemporaneo, dove appunto, il controllo della temperatura è uno dei punti più importanti e delicati da monitorare per portare l’uovo alla schiusa e alla nascita dei pulcino.)
Nella magia popolare, nel corso di alcuni riti, vengono occasionalmente sotterrate uova nei pressi della casa per tenere lontane le forze malvagie sotterranee.
Nelle usanze popolari austriache l’uovo ha funzione apotropaica (di annullare o eliminare gli spiriti maligni); esso viene deposto il giovedì prima di Pasqua, poi benedetto e sotterrato. Per proteggere dal fulmine, esso può essere gettato anche al di là del tetto della casa e sotterrato nel punto in cui cade. Nelle tradizioni marchigiane le uova fresche vengono messe nelle culle dei neonati perché “portano bene”.
Per scongiurare demoni e disastri futuri, alcuni abitanti di Sardi, antica città della moderna Turchia, deposero dei gusci d’uovo sigillati in alcuni contenitori sotto le mura ricostruire delle loro abitazioni. I gusci dovevano garantire loro la fortuna e proprio questi contenitori, con i resti dei gusci d’uovo, sono stati ritrovati dagli archeologi, sotto le mura di un antico edificio che venne ricostruito dopo un violento terremoto. Da sotto il pavimento emersero due strani contenitori con, all’interno, alcuni utensili in bronzo, un guscio d’uovo e una moneta, tutti depositati in cima ai resti di un precedente edificio piuttosto importante (uno dei gusci d’uovo ritrovati era incredibilmente intatto).
Lo storico romano Plinio ha narrato del valore apotropaico dei gusci d’uovo contro i malefici. Molti gusci d’uovo, utilizzati per esorcizzare demoni, sono stati seppelliti in siti archeologici iracheni e iraniani. A volte uova intere erano sepolte nei pressi della porta di casa dei destinatari di maledizioni e malefici. Depositi rituali simili sono stati ritrovati attorno al tempio di Artemide, a Sardi, durante i primi scavi del XX secolo.
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