Uno degli edifici e dei simboli più noti della città di Napoli è il maestoso Castel dell’Ovo; vogliamo qui approfondire la conoscenza della famosa leggenda dell’uovo della sirena Partenope nascosto da Virgilio nei sotterranei di Castel dell’Ovo (prima chiamato Castel Marino), poiché da “quell’ovo pendevano tutti li facti e la fortuna del Castel Marino“… e quindi di Napoli stessa e di tutta la terra partenopea.
Secondo la leggenda, il castello non crolla grazie alla presenza dell’uovo, e per questo è ancora vivo nella memoria dei napoletani il leggendario “pronto intervento” della Regina Giovanna I che, dopo gli ingenti danni subiti dalla città in seguito all’evento sismico del 1370, giurò di aver provveduto in fretta alla sostituzione dell’uovo, per tranquillizzare il popolo e sfatare così l’idea che Napoli fosse in preda alla sventura.
Il Castel dell’Ovo (latino: Castrum Ovi), è il castello più antico della città di Napoli ed è uno degli edifici che spiccano maggiormente nel celebre panorama del golfo. Si trova tra i quartieri di San Ferdinando e Chiaia, di fronte a Via Partenope.
Il castello sorge sull’isolotto di tufo di Megaride (greco: Megaris), propaggine naturale del monte Echia, che era unito alla terraferma da un sottile istmo di roccia. Questo è il luogo dove venne fondata Parthenope nell’VIII secolo a.C., per mano cumana.
La leggenda racconta che tanto tempo fa, nel mare di Napoli, vivevano delle sirene (metà donne e metà uccello) e tra queste vi era la sirena Partenope.
La sirena Partenope era una delle tre sorelle che, insieme a Ligia e Leucosia, tentarono con il loro canto melodioso di incantare e far naufragare Ulisse che, scaltramente, per resistere, si fece legare all’albero maestro della nave. Le tre sirene, prese dallo sconforto per il fallimento, si lasciarono, per così dire, andare alla deriva. La leggenda narra che Partenope rimase impigliata tra gli scogli di Megaride, e lì, prima di morire ed essere sepolta, depose un uovo.
Un giorno, il grande poeta latino Publio Virgilio Marone, da tutti considerato anche grande mago e taumaturgo, raccolse l’uovo della sirena in prossimità dell’isolotto di Megaride.
Virgilio, credendo che l’uovo raccolto fosse veramente magico e incantato, lo sistemò in una cameretta nei sotterranei di Castel Marino, mettendolo in una caraffa di vetro piena d’acqua protetta da una gabbia di ferro, ed appesa a una pesante trave di quercia. Per questa ragione il Castello fu poi chiamato dell’Ovo.
Secondo la leggenda, se l’uovo fosse stato ritrovato o se si fosse rotto, tutto il castello sarebbe sprofondato in mare ed una serie di sventure avrebbe colpito la città di Napoli.
Fino ad oggi nessuno ha ancora rinvenuto l’uovo e quindi, a tutt’ora, la leggenda tiene legati il destino dell’uovo unitamente a quello del Castello e dell’intera città di Napoli.
La leggenda è di origine medioevale e risulta fosse già in circolazione dal 300 d.C.
La collocazione nelle segrete dell’allora “Castel Marino” di un uovo magico equivaleva a mettere al sicuro e nascondere l’anima della città; dall’integrità di quest’uovo custodito in una caraffa di vetro, a sua volta racchiusa in una gabbia metallica, sarebbe dipeso il destino del popolo partenopeo.
La stanza in cui si trova quest’uovo, secondo altre fonti, si identifica con lo stesso ipogeo nel quale dovrebbe essere sepolta la sirena Partenope.
Nel mondo dell’esoterismo con il termine “uovo” (o meglio nel simbolo dell’uovo filosofico) ci si riferisce all’elemento alchemico dell’Athanor, piccolo contenitore di metallo o di un particolare vetro, utilizzato per la lenta trasmutazione degli elementi primari in metallo prezioso, ovvero in oro. Gli esperimenti esoterici e magici avvenivano nel segreto di alcuni monasteri e anche sull’isolotto di Megaride si ha notizia della presenza di monaci alchimisti.
La verità sulla reale identità dell’uovo è però andata perduta: le pergamene su cui erano annotati gli studi alchemici di Virgilio furono rubate dalla sua tomba da un medico inglese, durante l’assedio di Ruggiero il Normanno. E da allora non se ne ha più notizia.
A Napoli, anche grazie a questa leggenda, la figura di Virgilio è nota e tramandata soprattutto come immagine di mago e taumaturgo, oltre che di poeta (forse per aver aderito al neopitagorismo, corrente filosofica e magica molto diffusa in tutta la Magna Grecia, o per la passione per la religione e la divinazione). E’ quasi riconosciuto come un nume tutelare, protettore della città con la sua aura magica, e per questo addirittura considerato come patrono di Napoli prima di San Gennaro.
Secondo la tradizione partenopea, in tutto il territorio che va dai Campi Flegrei a Napoli ci sono i segni del suo intervento prodigioso, come la costruzione dei bagni termali di Baia e Pozzuoli, la prodigiosa perforazione della Crypta Neapolitana, realizzata con l’aiuto di una schiera di demoni, e il prosciugamento di paludi insalubri che portavano la peste. Si narra anche che incantò le acque sorgive della spiaggia platamonia, dandogli la potenza per guarire ogni malattia.
Gli sono stati attribuiti anche una serie di atti magici, come la creazione di una mosca e una sanguisuga d’oro capaci di tenere lontani i loro fastidiosi consimili naturali che infestavano Napoli, oppure la creazione di un cavallo in metallo, con la virtù di sanare quelli veri, che assurse a simbolo nelle insegne cittadine.
Ai pescatori della città fece ottenere ricchissima pesca grazie ad un piccolo pesce scolpito in una pietra.
La mitizzazione della sua vita gli valse l’appellativo di parthenias, “vergine”, e i suoi libri si trasformarono in fonti divinatorie, le cosiddette sortes virgilianae. Le sue opere, piuttosto che essere considerate come pagane, vennero tramandate e interpretate cristianamente, e così il Virgilio oracolare assunse una veste profetica, in particolare con l’annuncio, nella quarta egloga delle Bucolicae, della nascita di un divino puer in grado di far sorgere in tutto il mondo l’età dell’oro di pace e di serenità. Questo quaranta anni prima della nascita di Cristo.
E’ a partire poi dal V sec. d.C. che, nella vita virgiliana scritta da Donato, si fondono indissolubilmente le notizie biografiche con le leggende, oggetto poi di rinnovata e crescente attenzione a partire dal XII secolo. Il vescovo di Hildesheim, Corrado di Querfurt in una lettera del 1196 ad Arnoldo di Lubecca, attribuiva la conquista di Napoli al fatto che il palladio, costruito da Virgilio a sua protezione e consistente un piccolo modello della città contenuto in una bottiglia di cristallo, si fosse incrinato.
Nella “Cronica di Partenope”, testo anonimo del XIV secolo, l’ignoto autore dedica ben diciassette capitoli alla descrizione dei prodigi compiuti da Virgilio per proteggere i napoletani.
Nella fortezza sorta sull’isolotto sarebbero successivamente state murate le sue stesse spoglie, dopo la profanazione della tomba durante il regno di Ruggero il Normanno.
Il Re infatti, conquistata Napoli dopo un lunghissimo assedio, avrebbe permesso ad un medico inglese di aprire il sepolcro del poeta, sepolto a Napoli per sua espressa volontà. Le autorità cittadine, temendo gli infausti effetti della violazione, di quello che era considerato il protettore della città, consegnarono allo straniero soltanto i libri con le formule magiche posti in un scrigno di rame sotto la sua testa, trasferendone le ossa a Castel dell’Ovo.
Per rassicurare i napoletani, queste preziose reliquie rimasero visibili attraverso una grata per un certo tempo e murate quando Napoli subì una definitiva conversione alla Chiesa romana.
In ogni caso il suo sepolcro lungo la via puteolana, meta di pellegrinaggio già dal I secolo d. c., continuò ad essere luogo e oggetto di culto popolare, che da pagano si è trasformato in cristiano, con la famosa festa di Piedigrotta.
Oggi molti sono gli eventi organizzati per far conoscere e valorizzare il patrimonio artistico-culturale del Castel dell’Ovo di Napoli; tra questi:
L’artista Gennaro Regina traendo spunto dalla leggenda dell’uovo di Castel dell’Ovo ha ideato e realizzato le “Uova di Pulcinella”, e in ambito fotografico e pittorico, ha rappresentato il Castel dell’Ovo, il Vesuvio e altre ambientazioni tipiche di Napoli.
Michael Ledeen si è riferito proprio alla leggenda di Castel dell’Ovo per dare il titolo al suo libro su Napoli: “L’uovo d’oro di Virgilio e altri miracoli napoletani – Un’indagine sulle fonti della creatività” (2015).
Nel testo, Ledeen, innamorato di Napoli e dei napoletani, parla della vivacità di Napoli e dell’inventiva dei napoletani, e descrive il Virgilio mago così come emerso in epoca medievale (e non del Virgilio poeta).
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